L' Italia, ogni anno, utilizza OLTRE IL 50% di tutti gli insetticidi consumati nell'Unione Europea [1], sommando quelli impiegati in agricoltura e quelli nelle aree urbane. Nelle città italiane, la disinfestazione contro le zanzare, in particolare contro la zanzara tigre (Aedes albopictus), è una pratica frenetica. Dalla primavera all'autunno, vengono disperse migliaia di tonnellate di sostanze dichiarate ufficialmente come gravemente tossiche in strade, case, giardini, parchi, scuole, ospedali, e altri luoghi pubblici. Le ordinanze comunali giustificano l'uso di questi insetticidi citando la zanzara tigre come potenziale vettore di malattie come la Chikungunya e la Dengue, e la Culex pipiens come vettore del virus West Nile. Tuttavia, studi scientifici tenuti da enti come, European Consumer e WWF dimostrano che si tratta in realtà di "terrorismo psicologico" [1].
È quindi infondato il panico diffuso riguardo alla zanzara tigre, e ancor più ingiustificato è l'uso di sostanze tossiche nell'ambiente, che provocano danni tangibili sia alla salute umana che alla biodiversità. Questi prodotti chimici, accumulandosi nell'ambiente, possono avere effetti cronici sinergici imprevedibili. Possono provocare gravi danni, come alterazioni genetiche, interferenze endocrine, e accumulo negli organismi viventi e nelle catene alimentari. Questi danni sono particolarmente inaccettabili se si considera che solo una piccola parte delle zanzare viene effettivamente eliminata tramite irrorazioni, mentre la loro popolazione continua a riprodursi in modo incontrollato. Le nuove generazioni di zanzare, infatti, sopravvivono e sviluppano una maggiore resistenza ai prodotti chimici, portando alla nascita di ceppi sempre più immuni e a popolazioni sempre più numerose. Questo ciclo porta inevitabilmente alla creazione di sostanze chimiche sempre più potenti e pericolose, nel tentativo di combatterle, senza ottenere risultati efficaci [1].
I pesticidi sono collegati a patologie gravi come malattie neurodegenerative, tumori infantili, malformazioni e sterilità [2].
Il presidente del WWF Roma, Raniero Maggini, ha sottolineato che le sostanze utilizzate nelle disinfestazioni antizanzare, spesso indicate come "particolarmente pericolose", rappresentano una minaccia seria per la salute umana, degli animali e per l'ecosistema urbano [2]. Nonostante ciò, queste disinfestazioni continuano a essere consigliate e utilizzate sia da enti pubblici che da privati, alimentando una disinformazione che promuove l'uso di soluzioni chimiche. Le attuali regole permettono l'uso di sostanze altamente tossiche nei centri abitati, mentre dovrebbero essere investiti fondi nella formazione dei cittadini sulla lotta biologica e larvicida, l'unica realmente efficace. Questa soluzione contrastare la proliferazione delle zanzare, in particolare della zanzara tigre, è la prevenzione attraverso trattamenti antilarvali biologici. La corretta informazione e l'adozione di metodi naturali sono essenziali per risolvere il problema alla radice.
Contraddizioni emergono dal confronto con altri Stati Membri, dove non esistono attività di disinfestazione antizanzare paragonabili a quelle italiane. Inoltre, i pesticidi, che vengono vietati in agricoltura, sono autorizzati nei contesti urbani, spesso con precauzioni minime. Un altro problema grave è la distruzione dei predatori naturali delle zanzare, come pipistrelli, gechi e libellule, che paradossalmente favorisce la proliferazione delle zanzare [1].
Carlo Modonesi (Zoologo, Università degli Studi di Parma, Gruppo Pesticidi ISDE), Celestino Panizza (Medico del lavoro, Gruppo Pesticidi ISDE)
I sottoprodotti degli impianti industriali, degli inceneritori, del traffico veicolare e delle centrali energetiche sono tra le principali fonti di inquinamento chimico nell'ambiente. Tuttavia, esiste un'altra categoria di inquinanti chimici, noti come "pesticidi," che vengono deliberatamente introdotti nell'ambiente a causa delle loro proprietà tossicologiche.
Il pesticida ideale dovrebbe essere selettivamente tossico solo per l'organismo bersaglio, ovvero la specie che si desidera controllare o eliminare per ragioni economiche o di altro tipo, e contemporaneamente innocuo per l'uomo e per tutti gli altri organismi.
Tuttavia, pochissimi composti sintetici, anche quelli progettati e sviluppati con grande precisione come i pesticidi, riescono a raggiungere un livello di selettività tale da garantire un'azione limitata a una sola specie. Questa realtà suggerisce un principio di buon senso: ogni volta che si pianifica un programma di disinfestazione in qualsiasi ambiente che implichi l'uso di sostanze tossiche, è indispensabile effettuare una valutazione approfondita dei rischi sanitari e dei costi ambientali associati. Senza tale valutazione, i rischi e i costi tendono a essere trattati come "esterni", un'etichetta conveniente ma problematica che scarica sulla collettività i danni sociali causati da attività private [2].
Questo breve saggio offre una rassegna della letteratura specialistica disponibile sugli effetti sanitari dei pesticidi piretroidi.
PIRETROIDI: Tra Qualità Ambientale e Salute Pubblica - Aspetti Tossicologici [2]
La letteratura sui rischi per la salute umana e animale derivanti dai piretroidi documenta una serie di reazioni acute da esposizione, tra cui: Dispnea, irritazione delle vie respiratorie, broncospasmo, nausea, tremori, vomito, sindrome di salivazione, aumento della temperatura corporea, coreoateosi, reazioni cutanee. I piretroidi possono anche causare parestesie locali e allergie per inalazione o contatto cutaneo (Ujváry, 2010; Koureas et al., 2012).
Gli effetti a lungo termine più noti, confermati da studi epidemiologici e su animali, includono cancerogenesi, patologie neurocomportamentali, disturbi del neurosviluppo, sindromi riproduttive, danni immunologici, e interferenze endocrine (Shafer et al., 2005). Tra i piretroidi più usati vi è la cipermetrina (CYP), ampiamente impiegata in agricoltura e nel contesto domestico. La cipermetrina è uno dei principali contaminanti nei sistemi acquatici, dove ha mostrato citotossicità e immunotossicità negli embrioni di Zebrafish e altre specie (Saha et al., 2009; Jin et al., 2011a).
Esperimenti e Studi
Nonostante vengano spesso descritti come a basso grado di tossicità per i mammiferi, studi su roditori hanno mostrato che l'esposizione a CYP può alterare significativamente la funzione ossidativa degli enzimi epatici e destabilizzare il sistema endocrino negli adolescenti. Altri studi indicano che l'assunzione di permetrina in epoca perinatale può influire sullo sviluppo del sistema nervoso centrale, con effetti degenerativi simili a quelli della sindrome di Parkinson (Jin et al., 2011b). Inoltre, studi in vivo su roditori hanno evidenziato che l'ingestione di permetrina può compromettere la risposta immunitaria dei linfociti T, anche a dosi inferiori a quelle letali (Cox, 1998).
In termini di rischio cancerogeno, sono stati riportati casi di tumori polmonari benigni nei topi e tumori epatici nei ratti a seguito di esposizione a piretroidi (Ishmael et al., 1988; Hakoi et al., 1992). Studi hanno evidenziato cancerogenicità epatica e polmonare, genotossicità per linfociti e inibizione della comunicazione intercellulare (Hakoi et al., 1992; Gabbianelli et al., 2004; Tateno et al., 1993).
Negli animali domestici, in particolare cani e gatti, i piretroidi possono causare intossicazioni acute, con i gatti che mostrano una sensibilità maggiore rispetto ai cani. I sintomi più comuni nei gatti includono convulsioni, tremori, fascicolazioni e ipertermia, mentre nei cani si osservano convulsioni, ipersalivazione e atassia. Studi su casi di intossicazione da piretroidi nei gatti hanno riportato sindromi neuropatiche centrali in una significativa percentuale di soggetti (Whittem, 1995; Anadón et al., 2009).
Per quanto riguarda l'interferenza endocrina, alcuni piretroidi sembrano alterare il sistema endocrino, con possibili conseguenze negative sulla salute e sulla riproduzione. Studi combinati su animali e uomini suggeriscono che i piretroidi possono influire negativamente sullo sviluppo nervoso e sulla riproduzione (Hanke et al., 2004; Shafer et al., 2005; Koureas et al., 2012).
Uno studio canadese ha associato l'esposizione a piretroidi con problemi neurocomportamentali nei bambini, e altre indagini hanno evidenziato effetti genotossici e interferenze con il sistema riproduttivo umano (Oulhote, 2013; Meeker et al., 2008). Studi recenti hanno inoltre documentato una correlazione tra metaboliti urinari di piretroidi e alterazioni ormonali negli individui non esposti professionalmente (Han, 2008). Si osserva che i bambini rappresentano la fascia di popolazione a maggior rischio di esposizione ai piretroidi, a causa del loro basso peso corporeo e dei meccanismi di detossificazione meno sviluppati. Questo li rende particolarmente vulnerabili agli effetti neurotossici e endocrini di queste sostanze.
Piretroidi e Cancro nell'Uomo [2]
La classificazione dei piretroidi in relazione al loro potenziale cancerogeno ha generato una certa ambiguità nella comunità scientifica. Secondo la monografia 53 dell'IARC (International Agency for Research on Cancer), i composti deltametrina, permetrina e fenvalerate sono classificati nel gruppo 3. Questo gruppo include sostanze per le quali le prove di cancerogenicità sono inadeguate per gli esseri umani e animali, indicando che non ci sono evidenze sufficienti per definirli cancerogeni.
D'altra parte, l'Agenzia statunitense EPA (Environmental Protection Agency) ha adottato un approccio più prudente, classificando i piretroidi come "verosimilmente cancerogeni per l'uomo" (EPA, 2007). Questa categorizzazione riflette la preoccupazione per il potenziale cancerogeno, anche se le evidenze non sono conclusive.
Alcuni studi recenti, come quello condotto da Rusiekj (2009) nell'ambito dell'Agriculture Health Study, hanno cercato di chiarire questa incertezza. Questo studio non ha riscontrato un'associazione significativa tra l'esposizione alla permetrina e la maggior parte delle neoplasie nei lavoratori che la applicano. Tuttavia, è emerso un aumento significativo del rischio di mieloma multiplo tra coloro che avevano un'esposizione prolungata o intensa alla permetrina. Il rischio di mieloma multiplo in queste categorie di lavoratori era notevolmente elevato, con un rapporto di rischio (RR) di 5.72 (95% CI, 2.76-11.87) per chi aveva un'esposizione prolungata e un RR di 5.01 (95% CI, 2.41-10.42) per chi aveva un'esposizione più intensa.
Altri studi hanno suggerito possibili associazioni tra esposizione a piretroidi e insorgenza di leucemia nei bambini. Un'indagine condotta da Ding (2010) ha osservato una relazione dose-risposta in bambini leucemici di età compresa tra 0-14 anni. In questo studio, all'aumentare della concentrazione di metaboliti urinari di piretroidi, il rischio di leucemia linfatica acuta aumentava significativamente, con un Odds Ratio (OR) di 2.75 (95% CI, 1.43-5.29) nel quartile con la più alta concentrazione di metaboliti.
Uno studio caso-controllo condotto in Brasile (Ferreira, 2013) ha ulteriormente esaminato il legame tra esposizione ai piretroidi durante la gravidanza e l'insorgenza di leucemia nei figli di età inferiore ai 2 anni. Questo studio ha evidenziato un'associazione positiva tra l'esposizione a piretroidi, in particolare alla permetrina, e l'insorgenza di leucemia linfatica acuta e leucemia mieloide acuta nei bambini, con un rischio particolarmente elevato di leucemia mieloide acuta nei bambini di 0-11 mesi (OR = 7.28; 95% CI: 2.60, 20.38).
Questi studi indicano che, nonostante le evidenze non siano definitive, esistono preoccupazioni reali circa il potenziale cancerogeno dei piretroidi, soprattutto in popolazioni vulnerabili come i bambini e i lavoratori con elevata esposizione.
Sicurezza [2]
La sicurezza ambientale e sanitaria dei piretroidi di sintesi è tutt'altro che garantita. L'uso diffuso di questi composti in vari contesti, dalla disinfestazione delle zanzare in aree urbane alla gestione degli insetti in ambiti domestici, agricoli e industriali, solleva significative preoccupazioni. Queste sono ulteriormente aggravate dal fatto che tali sostanze vengono spesso commercializzate e utilizzate senza fornire informazioni adeguate alla popolazione esposta. Questo è particolarmente preoccupante in luoghi pubblici frequentati da persone di tutte le età e condizioni di salute, come scuole, parchi, centri sportivi, nonché in spazi privati come giardini e luoghi di lavoro.
L'assenza di misure preventive e di precauzione adeguate rischia di rendere l'esposizione ai piretroidi quasi onnipresente, soprattutto in determinate stagioni dell'anno, come durante le campagne di disinfestazione condominiali. Questo comporta un rischio significativo e spesso non consapevole per gran parte della popolazione, con implicazioni particolarmente gravi per i gruppi vulnerabili, come i bambini e le donne in gravidanza.
In conclusione, sembra mancare una chiara volontà di integrare principi di prevenzione e precauzione nei processi decisionali riguardanti l'uso di questi pesticidi. Questo deficit non solo mette a rischio la qualità ambientale e la salute pubblica, ma compromette anche la partecipazione sociale nelle scelte di gestione del territorio e delle risorse, che dovrebbero essere orientate al benessere collettivo.
Molti insetticidi causano avvelenamento se vengono ingeriti, inalati o assorbiti attraverso la pelle. I sintomi di avvelenamento possono variare da lacrimazione degli occhi, tosse e problemi cardiaci a difficoltà respiratorie. La diagnosi di avvelenamento da insetticidi si basa sui sintomi, sugli esami del sangue e sulla descrizione delle circostanze in cui si è verificata l'esposizione. Esistono farmaci efficaci per il trattamento delle forme gravi di avvelenamento da insetticidi [3].
Gli avvelenamenti gravi sono spesso causati da insetticidi organofosforici e carbammati, in particolare in casi di avvelenamenti accidentali in ambiente lavorativo. Gli organofosforici includono sostanze come malatione, paratione e sarin, mentre i carbammati comprendono composti come aldicarb e carbarile [3].
I sintomi dell'avvelenamento da organofosforici e carbammati possono includere:
Lacrimazione
Vista offuscata
Salivazione eccessiva
Sudorazione
Tosse
Vomito
Convulsioni
Pressione sanguigna bassa
Frequenza cardiaca irregolare
Questi sintomi possono durare ore o giorni, mentre la debolezza muscolare può persistere per settimane. Le piretrine, invece, possono causare starnuti, lacrimazione e tosse, con sintomi gravi solo raramente.
Diagnosi
Per diagnosticare l'avvelenamento da insetticidi, si considerano l'anamnesi di esposizione e i sintomi caratteristici, supportati da esami del sangue e dalla risposta al trattamento con atropina. Il trattamento prevede la rimozione degli indumenti contaminati, il lavaggio della pelle, e il supporto delle funzioni respiratorie e cardiache. L'atropina, somministrata per via endovenosa, può alleviare la maggior parte dei sintomi causati dagli organofosforici. La pralidossima, somministrata per via endovenosa, può accelerare il recupero della funzione nervosa. Tuttavia, nei casi di avvelenamento da carbammati, la pralidossima non è sempre efficace. I sintomi causati dalle piretrine generalmente si risolvono senza necessità di trattamento [3].
Bibliografia
[1] WWF, I. D. (2022). wwf. Obtenido de http://wwf. panda. org/es/acerca.
[2] Bellucci, V., & Carlo, J. Impatto sugli ecosistemi e sugli esseri viventi delle sostanze sintetiche utilizzate nella profilassi antizanzara.
[3] Gerald F. O’Malley, DO, Grand Strand Regional Medical Center; Rika O’Malley, MD, Grand Strand Medical Center (2022), https://www.msdmanuals.com/it-it/casa/lesioni-e-avvelenamento/avvelenamento/avvelenamento-da-insetticidi#Trattamento_v28488735_it